Di Donato Novellini
Il disco della svolta, spesso si usa dire così; forse in questo caso, più sensatamente, la parentesi in parte “addomesticata” dei guastatori bolognesi, finiti addirittura in tv e nei circuiti giusti dei concerti. Un mondo nuovo ed il seguente Primigenia, restano lì a commiato nella discografia della band punk-industrial, come schiacciati dalla prosopopea totalitaria antecedente, inaugurata con il seminale Abbiamo pazientato 40 anni: ora basta! e ripresa esteticamente nel 2012, col meraviglioso cofanetto imbullonato Tesori della patria. Una pessima fama guadagnata sul palco, ma anche intelligente operazione di sfida al pensiero unico, assai coraggiosa per l’epoca (a maggior ragione oggi, dato che quel futuro distopico e nichilista, prefigurato da Parisini e soci, è giunto a noi). Al di là dei giudizi sommari, quello con gli opposti anfitrioni Ferretti e Zamboni (CCCP, CSI), fu un incontro proficuo, proprio per l’albo in questione, il migliore del lotto. L’intenzione, più o meno mediata dalla label, di accantonare l’ingombrante immaginario fascista, produsse un risultato non meno potente dal punto vista della critica alla società occidentale, anche se ovviamente ne risulta smorzata la carica eversiva ed estetica. Erano gli anni del post-tangentopoli e una certa vena profetica traspare nei testi: il peggio della politica e dell’economia doveva ancora arrivare. Certo, c’è la ben calibrata cover di “Up patriots to arms” di Franco Battiato, ma pure “Crisi di valori”, “Sei stato tu a decidere”, l’elegiaca “Lontano scintillante”, fino alla geniale piroetta ideologica di Vi ricordate quel 18 aprile, tradizionale canto comunista del dopoguerra, stravolto in chiave rumorista. Resterà tra noi introdotti alle scienze esoteriche l’aneddoto subliminale: a metà del pezzo, prima che le mondine lascino il posto alle pesanti chitarre, c’è un campione (“Achtung”) tratto da “Brown book” dei Death in June (band non meno controversa e apologetica dei Disciplinatha). Visti quindi gli impedimenti ad attingere palesemente alla retorica littoria, i Nostri optarono per una scelta grafica assai azzeccata, coerente con l’intenzione di mantenersi su posizioni anticonformiste, seppure d’altra natura. Venne scelta per la copertina un’illustrazione tratta dalla propaganda dei Testimoni di Geova, comunemente denominata “The happy family”. D’altronde gli insistenti predicatori porta a porta, col loro carico di pessimismo apocalittico, erano soggetti perfetti per rinnovare le critiche alla democrazia progressista tecnocratica in fieri, nonché per ribadire la proverbiale condotta ambigua della sigla bolognese. La scena bucolica, ritraente un’irreale serenità famigliare, tra fiori e casetta in legno, è leggermente modificata per l’occasione. L’uomo in piedi stringe tra le mani una sfera fluorescente, all’epoca logo della band e presente più in grande sul retro del disco. S’ignora cosa reggesse il capofamiglia nell’immagine originale (cassetta di frutta?), resta il fatto che La torre di guardia non la prese affatto bene. Infatti l’indebito utilizzo non passò inosservato, sicché la congrega religiosa intimò per vie legali il ritiro del cd dal commercio. Così fu, tanto che la seconda stampa vede in copertina solo la sfera luminosa. Aver subito censura, da parte dei Testimoni di Geova, può a ragione essere considerata medaglia al valore goliardico, vieppiù per una congrega di irrequieti iconoclasti quali furono i Disciplinatha.

Un Mondo Nuovo – Disciplinatha, I Dischi del Mulo, 1994