The Gun Club
Di Stefano Marullo
Ci sono gruppi costruiti attorno ai loro leader, penso a Jim Morrison rispetto ai Doors, a Robert Smith rispetto ai Cure o a Lemmy Kilmister rispetto ai Motorhead, e questa circostanza diventa gloria e insieme dannazione perché il destino di questi protagonisti spesso segna inesorabilmente quello delle band a cui afferiscono. The Gun Club con Jeffrey Lee Pierce, cantante e chitarrista, autore dei testi del gruppo, non fanno eccezione.
Su Jeffrey Lee Pierce ho scritto qualcosa su Sitosophia se avete voglia di leggermi altrove. Un talento artistico incredibile, fatto di claustrofobia e insofferenza esistenziale quello di Jeffrey Lee Pierce riversato sui Gun Club che esordiscono con un lavoro memorabile, Fire of love nel 1980, e inventano il punk-blues, frutto dell’incontro tra l’anima nera di Lee Pierce appassionato dalle sonorità del Delta del Mississipi e l’attitudine punk che permea l’area losangelina nel periodo con gruppi come X (vedi scorsa settimana) o Blasters che seguono rotte diverse rispetto all’hardcore di Dead Kennedys e Circle Jerks; forti anche le influenze di una band fuori dagli schemi come i Cramps a cui Lee Pierce e i Gun si legano molto; il chitarrista Kid Congo Powers suonerà per un periodo proprio con i Cramps mentre alla chitarrista di questi ultimi, Poison Ivy, Jeffrey dedicherà un pezzo, “For the love of Ivy”, inserito proprio nel loro primo album, dove dice “Sei Elvis tornato dall’inferno”. Seguono altri due album incredibilmente belli, Miami nel 1982 e The Las Vegas Story nel 1984.

The Gun Club, come facevano Bukowski o Carver in letteratura, cantano l’altra America fatta di disagio e alienazione: “È una brutta America, sotto il cielo occidentale” (“Bad America”, pezzo rivisitato molti anni dopo da Manuel Agnelli con i Circo Fantasma). E quando alla fine degli anni Ottanta Reagan viene rieletto per il suo secondo mandato, Jeffrey fa armi e bagagli per trasferirsi in Europa perché il clima bigotto e conservatore che si respira diventa troppo asfissiante per lui. Gli umori altalenanti di Jeffrey si fanno sentire sulla band che dovrà optare per la pubblicazione di almeno due lavori in studio per label europee perché sembra che alle case discografiche americane The Gun Club non interessino più (mentre, paradossalmente altrove, in Europa e persino in Australia sono popolarissimi).
La fase meridiana di Jeffrey cede il passo a una fase introspettiva che lo porta con Cypress Groove e Willy Love a incidere Ramblin (1992), interamente blues, nuova licenza da solista. Continui rimaneggiamenti e litigi nella band, gli umori altalenanti di Jeffrey che tenta inutilmente di disintossicarsi dalle droghe, non aiutano. Ultimo atto firmato The Gun Clun risale al 1993 con il malinconico Lucky Jim! (in “House in Not a Home” Jeffrey canta se stesso: “Stasera sono fuori in strada, senza più un sogno, sono quello degradato, tutta la vita è sbiadita”).
Ancora fugaci apparizioni in un tour europeo dell’amico Nick Cave (a cui Jeffrey aveva dedicato una canzone, “Bill Baley” in “Mother Juno”) poi Jeffrey Lee Pierce si vede un’ultima volta a Los Angeles insieme al vecchio amico Kid Congo nel locale di Johnny Depp, il Vyper, a suonare pezzi di The Gun Club. Jeffrey Lee Pierce muore a soli 37 anni il 31 marzo 1996. Le sue memorie saranno pubblicate postume da una casa editrice fondata dal leader dei Black Flag, uno dei maggiori gruppi hardcore punk degli anni Ottanta, Henry Rollins.
The Gun Club sono finiti, per entrare nella leggenda.
“Walkin’ With the Beast” che vi propongo, è una sintesi perfetta di punk-blues elettrico e ossessivo dove la voce di Pierce di disvela in tutto il suo fascino sciamanico e cavernoso.