La bocca dell’inferno, ovvero il luogo periglioso del marinaio innamorato
Di Donato Novellini
Nel sottobosco del sottobosco neofolk-industrial più oscuro d’iniziazione nordica, Ô Paradis – ragione sociale mutuata da una canzone di Death in June – può essere considerata a ragione un’anomalia esotica, non foss’altro per il cantato in spagnolo che lo accomuna agli esperantisti viennesi, i relativamente più noti Nový Svět, coi i quali ha condiviso due album stortissimi. Di stanza a Barcellona, Demian Recio (l’uomo nero che sta dietro “al paradiso”) sembra vivere totalmente avulso da movida e baccanali mondani di Rambla, semmai ci appare come un tipo stravagante, avulso dal mondo moderno, sprofondato negli aspetti abissali dell’immaginario mediterraneo, quelli meno turistici ma più romantici, quelli dei marinai tatuati dei pescatori tabagisti e dei naufraghi miracolati; tant’è che nelle sue produzioni esce fuori un suono cupo aperto ai venti, piratesco, da galera in burrasca. Nenie sbilenche screziate da interventi rumoristi, meste ballate intimiste e torbidi soliloqui conferiscono al disco un côté malsano, visionario, ipnotico ma tuttavia non privo di peculiare grazia. Altresì La Boca Del Infierno riserva all’appassionato del genere “sombrio” un apparato grafico decisamente provocatorio, licenzioso per usare un eufemismo caro agli scrittori erotomani francesi, apparentemente contrastante rispetto al romanticismo da cambusa delle musiche eppure perfettamente rappresentativo riguardo al titolo pericolosamente fagocitante. Oplà: niente meno che una fica in primissimo piano, dipinta con estrema perizia dall’artista neo-espressionista Ricard Recio (parente di Demian, si suppone) ci rammenta inesorabilmente gli aspetti più sulfurei dell’amore, ovvero gli unici meritevoli d’essere affrontati per meritare gli agognati inferi. L’amatissimo organo sessuale si staglia curiosamente in orizzontale – proprio come una bocca sdentata – sul bianco della copertina, immagine reiterata sul retro per i più distratti. All’interno della custodia fanno bella mostra altri schizzi di vulve e peli pubici arruffati in triangolo, con l’aggiunta compensatoria di uno scatto in bianco e nero del musicista catalano, coerentemente nudo e coll’uccello di fuori; ovviamente l’immagine di copertina risulta essere censurata da qualsivoglia piattaforma di commercio dischi, tuttavia potrebbe tranquillamente eludere l’occhio vigile dell’inquisizione social, proprio per l’ingannevole posizionamento in piano di suddetta vagina. Consultando il sito della prestigiosa Saatchi Gallery ci si può fare un’idea più precisa riguardo all’opera pittorica di Ricard Recio: trattasi di figurativismo decadente d’ispirazione novecentesca, corroso al punto giusto, ai limiti dell’evanescenza formale. Un po’ come se Balthus, con le sue maliziose ninfette, fosse stato sequestrato da Francis Bacon per i necessari deturpamenti.

La Boca Del Infierno – Ô Paradis, Punch Records, 2005