Di Stefano Marullo
Abbiamo avuto modo di parlare nell’ultimo episodio di come ci sia anche un elemento di finzione scenica nel punk e di provocazione artistica. Ci sono stati però casi in cui l’arte è stata talmente integralista da permeare i suoi protagonisti al punto da non riuscire a fare più una netta distinzione tra la vita reale e la performance inscindibilmente legate da un unico filo.
Su tutti spiccano le vicende tragiche di GG Allin e Wendy O. Williams che sul palco portavano tutti i loro drammi esistenziali. Entrambi statunitensi, quasi coetanei, estremi sotto ogni punto di vista, muoiono per suicidio. Le loro esibizioni sono delle vere e proprie liturgie che diventano memorabili. GG Allin aveva promesso che si sarebbe suicidato sul palco, probabilmente nella notte di Halloween, ma non potrà mantenere l’impegno per la circostanza di essere morto prima a causa di una overdose di eroina e alcool, era il 28 giugno 1993. Il suo funerale diventa una sorta di rave anche perché molti dei/delle convenuti/e non si rende conto della dipartita dell’artista. Ma è anche la cifra di tutta la vita di GG Allin, dove lo spettacolo non sembra avere soluzioni di continuità.D’altro canto, partecipare ad un concerto di Allin non doveva essere particolarmente piacevole per il pubblico con il quale il primo ingaggiava una vera e propria rissa, spesso interrotta dalla polizia, senza dire dei gesti di automutilazione che il cantante si infliggeva accanto alla produzione di materia fecale che ingoiava o lanciava sul pubblico medesimo. Una personalità certamente disturbata che però nella musica ha trovato una sorta di redenzione: e non può esistere redenzione senza sacrificio.
Similmente Wendy O. Williams, ex spogliarellista, vocalist del gruppo punk Plasmatics, è nota non solo perché durante i concerti si spoglia e mima scene di sesso ma perché con il suo gruppo ha l’abitudine di fare, letteralmente, saltare in aria Cadillac o distruggere oggetti. Tragicamente evocativa questa immagine considerando che Wendy qualche anno dopo, precisamente il 6 aprile 1998, si ucciderà proprio facendosi esplodere la testa con un’arma da fuoco.
Dire che GG Allin e Wendy O. Williams siano stati sopra le righe sarebbe un
eufemismo. Sarebbe più onesto considerarli degli artisti totali nel senso di totalizzanti, dei disadattati che hanno trovato un microfono per gridare la loro rabbia e il loro cupio dissolvi. Senza condire i loro show dalla leggerezza erotica di The Tubes, o dalla finzione scenica di Ozzy Osbourne o di Marilyn Manson. Per questo la loro morte rende tristi, non solo perché il punk si priva di due voci uniche e difficilmente imitabili, ma perché nella loro scriteriatezza riusciamo a cogliere la loro intima autenticità. Tragica e vera. Senza maschere.