Di Stefano Marullo
Con l’uscita del loro secondo album Ramones Leave Home (1977), che non va oltre la posizione 148 della classifica USA, i Ramones riprendono la loro febbrile corsa live. Il concerto del 2 febbraio al My Father’s Place di Long Island fu disturbato da un’azione organizzata di alcuni contestatori. A Los Angeles al Wiskey, il 16 e il 20 febbraio andò invece molto meglio: tutto esaurito e a fare da spalla c’erano i Blondie. Ad aprile i Ramones partono per un nuovo tour europeo insieme ai Talking Heads, con i quali si erano conosciuti al CBGB’s. Band molto diverse, i Talking Heads dei veri intellettuali mentre i Nostri sono abbastanza grezzi: “Stavano sempre a leggere” dichiara Johnny Ramone, e mentre a Parigi Byrne & Co. cercano locali dove apprezzare la cucina gourmet, i Nostri preferiscono il Mc Donald’s! Comunque fanno ovunque il tutto esaurito.
Tornati negli Stati Uniti riprendono i live e si esibiscono con le Runaways. I ritmi sono incalzanti, la loro popolarità cresce ma prendono comunque non oltre i mille dollari a sera; non bastano a Dee Dee che spende almeno 100 dollari al giorno per procurarsi la droga. Ma anche Tommy comincia ad essere insofferente verso gli interminabili tour e decide di mollare i live e suona solo in studio. Arriverà Marc Bell, già batterista dei Voidoids che diventa Marky Ramone.
Il 4 novembre del 1977 arriva il loro terzo album: Rocket to Russia (uno dei miei vinili più pregiati all’epoca, NdA), fra i più belli di sempre, con i quattro appoggiati su un muro in una foto che passerà alla storia, dove i Ramones prendono i giro i loro fan in “Cretin Hop” e chiamano il pogo “il ballo dei cretini”, e scrivono “Teeenage lobotomy”, con un riff entrato nella leggenda che parla di una strana storia di un ragazzo che a forza di profumarsi (con il “ddt” scrivono nel testo) diventa psicopatico (?!). Poi canzoni solarissime (anche se siamo in pieno inverno!) come “Rockway Beach” o “Sheeena Is A Punk Rocker” che ricordano il loro amore per i Sixties. Il pezzo più caustico e, sorprendentemente “politico”, è “We’Re A Happy Family” nel quale i Ramones si tolgono qualche sassolino dalla scarpa, prendendo di mira la famiglia medio borghese americana che avevano conosciuto nel loro quartiere durante infanzia e adolescenza: “Siamo qui nel Queens, seduti a mangiare fagioli rifritti, stiamo su tutte le riviste, trangugiando torazina (un antipsicotico, NdA), non abbiamo amici, i nostri guai non finiscono mai, nessuno a cui spedire biglietti d’auguri natalizi, a papà piacciono gli uomini, siamo una famiglia felice, io, mamma e papà!”.
Steve Pond, sulle pagine di Rolling Stone definirà Rocket to Russia, uno degli album più importanti degli anni Settanta. Vengono persino invitati per la prima volta ad una trasmissione televisiva, “Don Kirchner’s Rock Concert”, dove eseguono una dozzina di pezzi con la consueta velocità lasciando tutti di stucco. L’album non va però oltre la posizione 49 della classifica USA.